Settembre era un mese da tortura. Margherita lo sapeva bene e a pensarci sbuffava ogni volta. Sgombrare dall’armadio tutti i vestiti estivi per cambiarli con trench di mezza stagione e pantaloni di velluto, tirare fuori dal garage il piumone pesante in cui di notte Lello sarebbe scomparso, sgobbare 6 ore al giorno per una busta paga che bastava per qualche zuppa di cipolle e un pane che diventava raffermo. E poi i giri per accompagnare il piccoletto a scuola, al campo sportivo i giorni dispari della settimana, fino alla partita della domenica, in cui almeno poteva svagarsi un po’ perché sapeva che Mimmi e il marito Giacomo ci sarebbero stati, anche se il meteo avesse dato pioggia e fulmini.
Il vento le stropicciava quel fazzoletto a fiorellini bianchi e indaco che le incorniciava il viso, aggraziato e minuto, proprio come glielo aveva fatto mamma. Erano le tre passate e quando se ne accorse guardando l’orologio da taschino un po’ maschile, sbatté di forza le mani contro il volante. Ma si sbagliò e schiacciò il marchio dell’Alfa Romeo. Un rumore molesto di clacson agitò il sonno del conducente dell’auto davanti alla sua, che le lanciò un’occhiataccia dallo specchio retrovisore. Margherita amava il suo Duetto di serie aerodinamica, ricoperto di un velo di vernice Rosso Corsa. Ne teneva un modellino riproduttivo su uno scaffale della sua camera, accanto a quei volumi di Alla Ricerca del Tempo Perduto che non aveva ancora avuto il coraggio di aprire. La amava tanto, così come amava il suo papà, che gliela aveva regalata, e quel suo fare un po’ defilato, che però con i suoi gesti silenziosi era dolce come il miele spalmato sulle fette biscottate.
Il verde scattò, le auto ripresero a circolare, tutte in fila come soldatini. La voce di Nada risuonava sussurrante dall’autoradio, e si abbracciò con quella di Margherita:
La notte adesso scende
Con le sue mani fredde su di me
Ma che freddo fa
Ma che freddo fa
Basterebbe una carezza
Per un cuore di ragazza
Forse allora sì
Che t’amerei
Cos’è la vita
Senza l’amore
È solo un albero
Che foglie non ha più
Si ricordò di quando durante gli anni della scuola elementare, correva per casa con una crostatina all’albicocca in mano e faceva scorrere le dita tra i vinili tenuti nella cesta di vimini. Aqualung, Rubber Soul, Emozioni, e poi che altro? Quei buffi baffi di James Taylor in Mud Slide Slim and the Blue Horizon, il suo preferito. Giorgio, suo papà, la accontentava sempre quando gli chiedeva di ascoltarlo. Si appoggiavano sul divano e stretti stretti in un abbraccio chiudevano gli occhi. Ma ecco che al quinto minuto Margherita si alzava per andare a riposizionare la puntina sul rigo di You’ve got a friend.
“Ma l’abbiamo appena sentita”
“Dai papà”
Un sorriso da furbetta le gonfiava ancora di più le guance paffutelle.
“E va bene”
Subito prendeva la rincorsa e faceva sfilare una dopo l’altra quelle scarpette Adidas che tanto aveva voluto, per poi gettarsi tra le braccia calde del papà. Era al sicuro.
Photo Credit: Agnese Dell’Omo; Beatrice Siciliano